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“Plan B”. Tenetelo a mente, questo nome. Specialmente se vivete a due passi dalla Svizzera italiana o se pensate di programmare un salto in Canton Ticino. Ancor di più se avete investito in valute digitali e la proposta del governo di aumentare nel 2025 la tassazione sulle plusvalenze delle criptovalute, portando l’aliquota dal 26% al 42% a partire dal 2025, vi ha fatto venire l’orticaria.
Sì, perché mentre in Italia, con la prossima Legge di Bilancio in via di definizione, si pensa di fare cassa sulle digital currency facendo scattare inevitabilmente un “effetto deterrente” sugli investitori, lì a Lugano, a un tiro di schioppo dalla dogana italo-svizzera di Monte Olimpino, con il “Plan B” puntano esattamente all’obiettivo opposto: diffondere cioè l’uso di pagamenti in Bitcoin e Tether (USDT) nei negozi della città facendo di Lugano una sorta di epicentro europeo dell’innovazione crypto. L’opzione vale per tutti: sulle sponde del lago ticinese, turisti e residenti, indistintamente, possono prendere un caffè al bar e pagare comodamente con una cryptovaluta. Alla faccia dei vicini governanti italiani che, con la mossa dell’aumento di tassazione, rischiano invece una fuga di massa dei cryptoinvestitori (che, ad oggi, nel Bel Paese, sono 3,6 milioni) a fronte di un incremento del gettito che alla fine varrà appena una manciata di milioni di euro l’anno: 16-17 all’anno, secondo le prime stime.
Lugano Plan B Forum 2024 e Satoshi Sakamoto
In Ticino, invece, come detto, il clima è di tutt’altro tenore. Anche perché si è appena chiuso il Lugano Plan B Forumche ha attirato in città, tra la sala conferenze del Centro Congressi e le tensostrutture allestite a Villa Ciani, oltre 4 mila partecipanti da tutta Europa, Sudamerica, Asia e Medio Oriente. Un evento in grande stile, clima glam, spettacoli live, speech d’eccezione e una ricca offerta anche sul fronte food&drink. Non potevano mancare ovviamente le delegazioni di El Salvador, primo Paese al mondo a riconoscere al bitcoin lo status di moneta a corso legale, e quella di Taiwan che ha accelerato bruscamente verso l’integrazione nei mercati finanziari digitali internazionali (seguendo l’esempio di Stati Uniti, Canada e Hong Kong, ha approvato da poco gli ETF spot su Bitcoin ed Ethereum).
Ma ad attirare come mosche al miele a Lugano espositori, appassionati e professionisti del mondo crypto, è stato soprattutto un cartellone con nomi davvero di grido nel macrocosmo delle digital currency e della blockchain. Un paio su tutti, tra i 100 speaker in programma: uno è quello di Nick Szabo, teorico delle criptovalute e, secondo i rumors (tra cui pesa soprattutto la conferma di Elon Musk), l’uomo che si celerebbe dietro l’ormai leggendario pseudonimo di Satoshi Sakamoto, firma – nel lontano 2008 – del paper “A Peer-to-peer Electronic Cash System” unanimemente considerato il manifesto della “nuova Internet” basata su blockchain e decentralizzazione. Proprio a Sakamoto, peraltro, è stato dedicato uno dei momenti-simbolo di Lugano Plan B Forum: la presentazione cioè di una statua in suo onore.
Julian Assange libero, appello alla blockchain
L’altro nome di richiamo è stato quello della famiglia Assange. Già, la moglie, il padre e il fratello di Julian, il critto-attivista, giornalista e fondatore di WikiLeaks, finito in carcere per le sue rivelazioni e tuttora detenuto in un carcere di massima sicurezza a Londra, in attesa di un processo per estradizione negli Stati Uniti. Al Plan B Forum, i familiari di Assange hanno colto l’occasione per lanciare un appello ai “bitcoiner” per raccogliere altri fondi necessari a prevenire l’estradizione di Julian, in nome di quella libertà di stampa per cui si batte AssangeDAO, l’organizzazione virtuale gestita da smartcontract che finora ha già messo insieme (e speso) 37 milioni di dollari per sostenere le spese legali.
Ma il messaggio sottostante, probabilmente, voleva essere anche un altro: il sostegno proveniente dal mondo crypto ha dato nuova visibilità alla campagna, consolidando, di fatto, il ruolo della blockchain non solo come tecnologia finanziaria, ma come “strumento sociale”.
Dove pagare con crypto? A Lugano si può
A chiudere le danze, com’era d’obbligo, il sindaco della città, Michele Foletti che, visibilmente soddisfatto, ha definito il Plan B Forum «l’orgoglio di Lugano». Ma al di là dei toni trionfali, delle presenze di spicco e dei fuochi d’artificio finali – sostituiti in realtà da uno spettacolo di droni sfreccianti sul lago, a celebrare la visione di Lugano come laboratorio di innovazione e integrazione crypto – che cosa ha lasciato di tangibile il mega-evento? Sicuramente un paio di novità interessanti e, sullo sfondo, i dubbi di sempre. Tra le prime c’è sicuramente il Lightning Network, presentato a Villa Ciani come un sistema layer-2 per transazioni veloci e a basso costo su Bitcoin. E poi la partnership con Tether, uno dei maggiori emittenti di stablecoin al mondo, che ha consentito a una startup, nei giorni del Lugano Plan B Forum, di distribuire ai partecipanti una card con chip per pagamenti in Tether (USDT), con 10 euro di credito utilizzabili presso tutti gli esercenti presenti all’evento.
Quanto ai dubbi, si diceva, sono i soliti. Nonostante l’integrazione dei pagamenti in Bitcoin e USDT per beni e servizi a Lugano – raro esempio in Europa – sia già in essere presso tutti gli esercizi commerciali della città, l’adozione massiva tra il pubblico non c’è ancora. Se la quasi totalità degli esercizi commerciali locali accetta pagamenti in crypto, dimostrando un’apertura e una volontà di abbracciare il cambiamento, a frenare consumatori e investitori “non professionali” è sempre la fortissima volatilità del valore che – pur facendo delle criptovalute un asset class ad alto rischio e potenziali rendimenti straordinari – ne limita l’utilizzo come mezzo di pagamento immediato.
Svizzera, esperimento crypto-paradiso fiscale?
Ma in Svizzera a questo non sembrano dare peso. Piuttosto che concentrarsi sulle sfide immediate, pensano a posizionarsi come pionieri del settore. Con una strategia semplice: regole chiare e certe (frutto di un percorso di riforma normativa e fiscale) che riconoscono le criptovalute come strumenti finanziari legittimi e aumentano, di conseguenza, la capacità attrattiva verso fintech e startup blockchain che scelgono “il Paese degli orologi a cucù” (mutuando la famosa battuta di Orson Welles nel film “Il terzo uomo”) per le loro operazioni globali, ingolosite da un ambiente che vuole promuovere l’innovazione, accogliere talenti e imprese, facilitare la circolazione dei capitali e, attraverso programmi di incubazione e sovvenzioni, integrare le tecnologie decentralizzate nell’economia reale. E poi ci pensano le banche a offrire servizi di custodia e trading di criptovalute, incrociando nuove tecnologie e servizi finanziari.
In tutto questo, Lugano, con il suo “Plan B”, rappresenta la punta di diamante di un’economia che vuole trasformare la Confederazione da regno del banking tradizionale a terra promessa delle crypto currency. Sempre che le oscillazioni del ciclo dell’hype lo permettano, ovviamente. Qui, dall’altra parte delle Alpi, nel frattempo, in molti stanno alla finestra.