Milano, 11 feb. (askanews) – Tutti hanno paura dei dazi di Donald Trump, ma la scelta non è campata per aria. Sono piuttosto un modo per portare gli Stati a negoziare. Ma visti in quest’ottica, quale sarà l’impatto reale sulla produzione italiana? Lo abbiamo chiesto a Simone Crolla, consigliere delegato dall’aprile 2009 della American Chamber of Commerce in Italy (AmCham), ovvero la “Confindustria Americana in Italia”.
“Si dice sempre che Trump sia imprevedibile, ma invece come abbiamo detto è abbastanza prevedibile. I dazi saranno gli stessi che sono stati applicati nel 2017 contro l’Unione Europea e ovviamente anche verso l’Italia. Per il momento Trump ha fatto due cose, con un ‘presidential memorandum’ ha ordinato allo USTR, che è l’agenzia americana per il commercio con l’estero (United States Trade Representative, spesso abbreviato in USTR, ndr) di studiare il perché dello sbilancio commerciale, del deficit commerciale americano, verso il resto del mondo. Alla fine di quest’analisi, che avverrà il primo di aprile, si capirà se gli Stati Uniti applicheranno dei dazi su merci, le più varie, nei confronti dell’Europa e di conseguenza anche dell’Italia. Nel 2017 questo capitò, ma il problema fu poi risolto velocemente, le esportazioni anche di prodotti alimentari ebbero un piccolo contraccolpo iniziale, ma poi ripresero e dopo il Covid, perché ovviamente non ce lo dimentichiamo, ci fu un record anche nelle esportazioni italiane che perdura fino ai giorni nostri. Quindi il primo di aprile si capirà quali tipi di tassazione aggiuntiva verrà applicata, se verrà applicata. Al momento con un altro memorandum proprio di ieri, (Trump) ha applicato una tariffa del 25% su tutte le importazioni americane di steel e alluminium”.
Crolla ci spiega tuttavia che i dazi voluti da Trump sono piuttosto una manovra meditata e hanno un sottofondo di verità. A suo avviso alcuni Paesi abusano di una posizione dominante, per inondare il mercato americano di una produzione di acciaio e alluminio che invece potrebbe essere prodotta negli Stati Uniti d’America, ma essendo meno costosa quella importata, con del dumping all’origine, viene preferita.
“Quindi lui vuole riequilibrare questo sistema e questi dazi appunto sono destinati a essere oltre che uno strumento economico, per ridare fiato alla loro industria e alla loro economia, con l’incasso di queste gabelle. Però sono anche un modo per portare gli stati a negoziare al tavolo rispetto ai suoi reali obiettivi come è avvenuto con Canada e Messico”.
Ma per l’Italia in particolare cosa comporta?
“Al momento comporta che ci sarà un dazio del 25% sulle esportazioni di alluminio e acciaio, esportazioni che erano già state colpite a suo tempo, poi ci fu una sorta di pace che a questo punto è stata interrotta e verranno ripristinate. Nel mentre però i grandi produttori di acciaio e alluminio italiani si sono riposizionati sul mercato americano, investendo anche in capacità produttiva locale. Quindi l’acciaio italiano potrebbe oggi essere prodotto comunque in America e questo naturalmente eviterebbe di essere colpiti dal dazio. Queste tariffe entreranno in vigore il 12 marzo sull’acciaio e alluminio: da adesso parte una trattativa, anche diplomatica, per cercare di capire se si può ottenere una esenzione come già accaduto nel 2017”.