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Covid, cinque anni dopo il primo caso in Italia

coronavirus codogno

Il Paziente 1, sopravvissuto al Covid, racconta la sua seconda vita tra lotta, rinascita e speranza.

Il 19 febbraio 2020, Mattia Maestri, un 38enne ricercatore dell’Unilever e maratoneta in perfetta forma, si reca per la seconda volta al pronto soccorso di Codogno con febbre alta. Due giorni prima, i medici gli avevano diagnosticato una polmonite leggera e prescritto antibiotici, che però non funzionano. Nessuno sospetta il Covid-19, un virus allora ancora sconosciuto in Europa.

Coronavirus, la scoperta del primo caso Covid-19

L’anestesista Annalisa Malara decide di infrangere il protocollo e sottoporlo a un tampone per il nuovo Coronavirus. Il risultato positivo, confermato il 20 febbraio, segna l’inizio dell’emergenza sanitaria in Italia. Maestri diventa così il “Paziente 1”, il primo caso ufficiale in Europa.

La lotta per la sopravvivenza

Dopo un rapido peggioramento, Mattia viene intubato e messo in coma farmacologico. Si risveglia tre settimane dopo al Policlinico San Matteo di Pavia, scoprendo di essere sopravvissuto a una malattia mortale. Nel frattempo, la sua famiglia è stata colpita dal virus: sua moglie e sua madre guariscono, mentre suo padre Moreno muore il 19 marzo a Varese.

La Zona Rossa di Codogno e l’inizio del lockdown

Il 23 febbraio 2020, dieci comuni del Lodigiano, inclusa Codogno, vengono chiusi nella prima “zona rossa” d’Occidente. In pochi giorni, i casi salgono rapidamente da 16 a 60, spingendo il governo a misure drastiche. Questo intervento impedisce una catastrofe ancora maggiore a Milano, ma non risparmia Bergamo e la Val Seriana.

Il simbolo di una pandemia

Mattia Maestri, inconsapevolmente, diventa un simbolo della lotta al Covid.

“Non mi sono mai vergognato di essere chiamato paziente 1”, afferma.

“La mia guarigione ha dato speranza a molti e ha motivato medici e infermieri a continuare a lottare”.

Nel 2022 partecipa all’IronMan, dimostrando la sua incredibile ripresa fisica. Tuttavia, oggi chiede di poter tornare a una vita normale:

“Sono stato un simbolo per sbaglio, ma ora vorrei solo l’anonimato”.

Il ricordo di Codogno: “Una ferita ancora aperta”

Il sindaco di Codogno, Francesco Passerini, ricorda il dramma della sua comunità: “A pensarci oggi sembra un film, ma è tutto inciso sulla nostra pelle”. Il marzo 2020 si chiude con 146 morti nel Lodigiano, il triplo rispetto agli anni precedenti.

Le immagini simbolo della pandemia

L’infermiera stremata: “Quella foto racconta la paura”

La notte tra il 7 e l’8 marzo 2020, l’infermiera Elena Pagliarini viene immortalata mentre crolla esausta davanti a un computer, ancora con la mascherina sul volto. “È stata una delle notti peggiori della mia vita”, ricorda oggi. “Nelle orecchie ho ancora il suono dei ventilatori, negli occhi i volti dei pazienti che peggioravano improvvisamente”.

Le bare sui camion: il giorno della memoria

Il 18 marzo 2020, Bergamo diventa il simbolo della tragedia: i camion militari trasportano centinaia di bare fuori dalla città, perché il forno crematorio locale non riesce a gestire il numero di morti. “Quella data sarà per sempre uno spartiacque”, afferma Giacomo Angeloni, assessore ai Servizi Cimiteriali di Bergamo.

Cinque anni dopo: cosa abbiamo imparato?

Oggi, cinque anni dopo il primo caso italiano di Covid-19, restano due grandi insegnamenti:

  • La vita è imprevedibile e ogni momento va vissuto appieno.
  • L’amore salva: Mattia Maestri racconta che prima di essere intubato ha accarezzato il pancione della moglie, promettendole che sarebbe tornato per vedere nascere la loro figlia. “È stato quell’impegno a fare la differenza tra la vita e la morte”.

Dati chiave sulla pandemia in Italia

  • 198.877: il numero dei decessi in Italia dal 21 febbraio 2020 a oggi.
  • 27 milioni: gli italiani contagiati dal Covid-19 in questi cinque anni.
  • 49 milioni: gli italiani vaccinati con almeno una dose (91,72% degli over 12).
  • 145 milioni: il totale delle dosi di vaccino somministrate.

Cinque anni dopo, il Covid-19 rimane una ferita aperta nella storia d’Italia, ma il ricordo di quei giorni ci insegna a non dare mai per scontata la normalità e a valorizzare ogni istante della nostra vita.