Copiare all'esame della patente è reato?

Un tempo gli aspiranti imbroglioni ricorrevano a un nutrito arsenale di bigliettini con appunti, oggi invece la tecnologia offre soluzioni molto più efficaci e discrete.

Assieme alla maturità, la patente rappresenta un autentico rito di passaggio per molti ragazzi. L’esame di teoria viene spesso vissuto come un ostacolo da superare rapidamente per accedere alla parte più ghiotta, la pratica. La tentazione di ricorre a qualche sotterfugio è assai alta.

Le cronache degli ultimi anni sono piene di casi di ragazzi sorpresi a barare. Un tempo gli aspiranti imbroglioni ricorrevano a un nutrito arsenale di bigliettini con appunti, oggi invece la tecnologia offre soluzioni molto più efficaci e discrete.

La domanda, però, è la stessa: copiare all’esame della patente è reato?

In cosa consiste l’esame teorico per la patente

Prima di capire quali sono i dispositivi o le tecniche per imbrogliare, e soprattutto quali le conseguenze per chi è scoperto, vediamo come si articola l’esame teorico.

Si tratta di un test a risposta vero o falso su 30 quesiti, condotto tramite l’ausilio di PC touch screen. Il candidato ha a disposizione 30 minuti per rispondere a quante più domande possibile. Il numero massimo di errori consentito è 3. In caso di bocciatura, si può ritentare il test entro 6 mesi dalla data di iscrizione, altrimenti occorrerà ripetere l’intero iter.

Durante la prova di esame non è possibile:

  • consultare appunti, fogli o altro
  • utilizzare smartphone, cellulari o altri dispositivi elettronici
  • comunicare con altri candidati o allontanarsi dalla propria postazione
  • spegnere il PC prima del tempo o scollegare i cavi della postazione

È possibile barare all’esame per la patente?

Malgrado i regolamenti parlino chiaro, non mancano i “furbetti della patente”. Con l’evolversi della tecnologia, cambiano anche gli espedienti messi in atto. Se un tempo era indispensabile la “cartucciera” di appunti, al giorno d’oggi si fa ampio uso di smartphone o cellulari nascosti.

Chi ha un minimo di familiarità con le notizie di cronaca sa, però, che è un altro il prodotto più adoperato in questi casi. Stiamo parlando degli auricolari invisibili professionali. Secondo gli esperti di Doctorspy.it, i microauricolari spia sono tra i dispositivi preferiti per imbrogliare agli esami, incluso quello della patente.

Sono costituiti da una coppia di microdiffusori (cuffiette) invisibili, un modulo trasmittente collegato ai microdiffusori tramite tecnologia wireless o per induzione e (i modelli più evoluti) da una microcamera per lettura testi occultata in un bottone.

Grazie a una SIM card, il modulo di trasmissione invia il segnale audio / video a un altro dispositivo, tipicamente un cellulare. Il complice può intervenire in soccorso del candidato in modo discreto ed efficace.

Negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio boom di microauricolari, spiegano dalla Doctorspy. Il che, da un lato, migliora le possibilità in favore degli imbroglioni, dall’altro raddoppia le responsabilità. Il rischio non riguarda più soltanto chi copia ma anche chi suggerisce.

Cosa rischia chi copia all’esame della patente (e chi suggerisce)

Barare all’esame della patente non è semplicemente una scorrettezza, ma un vero e proprio reato. Sia per chi riceve i suggerimenti che per chi li fornisce.

Entriamo nel dettaglio.

Prima del 2020, l’orientamento prevalente della giurisprudenza era quello di considerare il soggetto sorpreso a copiare all’esame teorico di guida responsabile di ”falso ideologico in atto pubblico per induzione”. L’anno scorso, tuttavia, con la sentenza n. 25027/2020, la Cassazione ha ritenuto più opportuno chiamare in causa il reato di “falsa attribuzione di lavoro altrui”.

La normativa di riferimento è la legge 475/1925, che punisce anche il reato di plagio. Recita così: chiunque in esami o concorsi pubblici, compresi quelli “per il rilascio di diplomi o patenti”, presenti come propri lavori altrui “è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno”. Qualora l’intento sia conseguito, la pena non sarà inferiore a sei mesi.

Sempre secondo la Corte, colui che suggerisce le riposte al candidato si macchia dello stesso reato. Morale della favola: meglio rigare dritti. I rischi, per gli aspiranti patentati, superano di gran lunga i benefici.