Roma, 25 nov. (Adnkronos) – Conto alla rovescia per la seduta comune della Camere giovedì prossimo quando deputati e senatori saranno chiamati a votare per la decima volta il sostituto alla Corte costituzionale della ex presidente Silvana Sciarra, giudice scaduto l'11 novembre 2023, per cui sono richiesti i 3/5 dell’Assemblea; e per altri tre giudici (il presidente in carica Augusto Barbera, e i vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti) in scadenza il prossimo 21 dicembre, per i quali servono i 2/3 dei voti, essendo quello di giovedì il primo scrutinio. Secondo quanto si apprende, la convocazione delle Camere un mese prima della scadenza dei tre giudici è stata dettata dalla volontà del Governo di arrivare a chiudere l'intera partita dei quattro "al più tardi a gennaio", eventualmente anche grazie all'abbassamento del quorum. Sebbene infatti la Corte possa svolgere la propria attività anche con 11 giudici, basta l'assenza di uno per bloccarne le funzioni con le ovvie conseguenze. Da cui l'urgenza.
Dopo oltre un anno di fumate nere del Parlamento sono tre gli scenari su cui si gioca la partita al vaglio delle forze politiche. Il primo al momento più gettonato prevede l'individuazione di un candidato tecnico/indipendente in un accordo che contempla due giudici alla maggioranza ed uno alle opposizioni; il secondo è quello alternativo del pari e patta (non gradito all'opposizione) con un giudice ad Fdi, uno ad Fi, zero alla Lega "perché ha ancora in quota a Palazzo della Consulta Luca Antonini", riferiscono autorevoli fonti, e due giudici all'opposizione; ed il terzo, quello del tre a uno, osteggiato dalle forze di opposizione, che tra l'altro potrebbe replicare alle urne il 'modello Rai' in versione Pd o M5s. Tra gli scenari però adesso sembra farsi più strada la disamina di un candidato indipendente, proposto da Elly Schlein a Giorgia Meloni, il così detto "quarto candidato".
Individuarlo non è semplice: "E' l'uomo che non esiste, vicino alla politica ma che non ha mai avuto rapporti", commentano all'Adnkronos fonti vicine al presidente del Consiglio. "Non esiste l'indipendente in rerum natura". Sembra essere d'accordo il M5s: "Non ne abbiamo ancora parlato perché siamo stati impegnati in costituente, quindi ancora non so. Io sono in genere perplessa su figure indipendenti che poi magari risultano non esserlo", ha risposto all'Adnkronos Alessandra Maiorino, senatrice pentastellata e membro della Commissione affari costituzionali a Palazzo Madama secondo cui stasera alla riunione del gruppo, seppur non all'ordine del giorno, "verrà fuori anche questo".
Più possibilista sul "quarto uomo" invece Nazario Pagano (Fi), che da presidente della Commissione affari costituzionali a Montecitorio, sicuramente avrà voce in capitolo. "Sarò interessato e coinvolto. Ancora non ne abbiamo parlato ma io credo che non è detto che il giudice candidato debba essere per forza un esponente politico, anzi spesso accade il contrario. Non c'è nulla di strano che le opposizioni o la maggioranza sostengano un professore universitario, un costituzionalista, come lo stesso Marini. E' da considerare un'eccezione l'avere scelto un politico", dice all'Adnkronos.
Nel frattempo Elly Schlein un paio di settimane fa tra i papabili "forse per bruciarlo", dicono fonti vicine al governo, aveva indicato Roberto Garofoli, presidente di sezione del Consiglio di stato ed ex sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri durante il governo di Mario Draghi. "In una configurazione due più due Garofoli sarebbe condivisibile perché il profilo è altissimo – commentano – Ma in una ipotesi di equidistanza non lo è". "Singolare che Francesco Marini sia considerato dall'opposizione schierato mentre Garofoli, che ha avuto numerosi incarichi governativi, da Schlein non lo sia", chiosano. "La realtà è che nomi equidistanti non li ha né la destra né la sinistra. Trovarli è molto difficile".
Dietro le quinte avanza un altro "quarto nome" guardato con interesse da Pd, M5s, Avs e giudicato "straordinariamente bravo" da Pagano di Fi, in occasione del Convegno '75 anni di rapporti tra Stato e Chiesa cattolica nell’ordinamento costituzionale' presso la Sala della Regina a Montecitorio: E' Sandro Staiano, professore ordinario di Diritto costituzionale all'Università di Napoli Federico II ed ex presidente dell'Associazione italiana dei costituzionalisti con un trascorso dal 1993 al 1999 da sindaco di Pompei (eletto in una lista a forte matrice di sinistra). Critico sull'"espediente inglorioso" del Decreto Caivano, così come anche sul premierato, è attento osservatore di "altri meccanismi di razionalizzazione 'forte' della forma di governo parlamentare che sono invece noti e sperimentati…. come la sfiducia costruttiva", spiegava.
Acerrimo nemico della legge Calderoli che a suo parere "è un Sarchiapone giuridico" è a capo e fondatore dell’Osservatorio sul regionalismo della Federico II, considerato il think tank sull'autonomia differenziata del M5s. Infatti, da grande estimatore di Luigi Di Maio, "l’unico politico che ha dimostrato apertura al dialogo e che ha anche promesso di inserire nell’Osservatorio tutti i capi degli uffici legislativi dei ministeri", Staiano affermava che l'autonomia differenziata "crea una sperequazione e mina quello che noi studiosi chiamiamo la forma di Stato, crea una frattura fra territori e quindi incrina la libertà di un Paese". Lo hanno voluto in audizione informale sulla legge Calderoli Pd, M5s, Avs ed Fi. Potrebbe essere lui l'indipendente?