> > Congo, Goma in mano a ribelli del M23 "è un punto di svolta"

Congo, Goma in mano a ribelli del M23 "è un punto di svolta"

Roma, 31 gen. (askanews) – La conquista di Goma, capitale della provincia del Nord Kivu, nell’Est della Repubblica democratica del Congo (RDC), da parte del gruppo armato antigovernativo M23, rappresenta “un importante punto di svolta” in un conflitto trentennale, mentre i ribelli del Movimento 23 Marzo, sostenuti dall’esercito ruandese, hanno dichiarato di voler “marciare” su Kinshasa, mentre avanzano verso la provincia del Sud-Kivu. Intanto ci sono lunghe file per arruolarsi come volontari al fianco dell’esercito congolese in chiara difficoltà. Christoph Vogel, ricercatore specializzato nella regione dei Grandi Laghi:

“L’M23, tra i tanti gruppi armati che esistono nella regione, è sicuramente uno dei gruppi più strutturati e organizzati. Oltre a ciò, ci sono rapporti affidabili delle Nazioni Unite, secondo cui questo gruppo riceve sostegno dall’esercito ruandese. Ma un’altra spiegazione risiede anche nella debolezza delle forze armate congolesi e nella strutturazione della coalizione che sostiene queste forze”.

Già nel novembre 2012 lo stesso gruppo armato aveva preso Goma, ma solo per due settimane, prima di ritirarsi. “Ciò che oggi è diverso – spiega Vogel – è il consolidamento regionale con una moltitudine di attori coinvolti da entrambe le parti, che ricorda molto di più le guerre nella regione alla fine degli anni ’90”.

Kinshasa accusa Kigali di voler saccheggiare le numerose risorse naturali del Paese, tra cui il tantalio e lo stagno utilizzati nelle batterie e nelle apparecchiature elettroniche, oppure l’oro. Il Ruanda nega e afferma di voler sradicare alcuni gruppi armati che minacciano la sua sicurezza, come le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), create dagli ex leader hutu responsabili del genocidio dei tutsi in Ruanda.

“Ci sono due grandi stereotipi, luoghi comuni che esistono e che spesso dominano anche la scena mediatica – prosegue l’esperto – Sono quello della guerra per le risorse e quello della guerra etnica. Sono stereotipi abbastanza piatti, abbastanza semplicistici, perché lì, ovviamente, ci troviamo in una guerra, in un susseguirsi di guerre e conflitti diversi da trent’anni che hanno radici storiche molto profonde, su questioni di cittadinanza, di identità in seguito all’occupazione e alla violenza coloniale, ma anche molto interessi economici che vanno ben oltre la questione mineraria”.