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Condanna richiesta per l’ex vescovo di Trapani per peculato
Il Tribunale di Trapani si trova di fronte a un caso di grande rilevanza che coinvolge l’ex vescovo Francesco Miccichè, accusato di peculato. La richiesta del pubblico ministero Sara Morri è di una condanna di quattro anni e sei mesi. L’accusa sostiene che Miccichè abbia dirottato circa 400mila euro provenienti dall’8 per mille della Chiesa Cattolica, utilizzando un conto corrente della Diocesi al quale aveva accesso senza alcuna rendicontazione necessaria.
Le accuse e gli episodi contestati
Secondo le indagini, gli episodi di peculato sarebbero avvenuti a partire dal 20. La situazione è stata riportata da importanti quotidiani locali, tra cui il Giornale di Sicilia e la Gazzetta del Sud. La gravità delle accuse ha portato a un’attenzione mediatica significativa, evidenziando come la gestione dei fondi ecclesiastici debba essere trasparente e responsabile.
La rimozione e le indagini
Nel 2012, Miccichè era già stato rimosso dal suo incarico da Papa Ratzinger dopo una visita del ‘visitatore apostolico’, l’allora vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero. Questa decisione è stata presa in seguito a un’indagine condotta dalla Guardia di Finanza, che ha sollevato dubbi sulla gestione dei fondi ecclesiastici. La rimozione ha segnato un momento cruciale nella storia della Diocesi di Trapani, evidenziando la necessità di una maggiore vigilanza nella gestione delle risorse.
Il processo e le prospettive future
Il processo riprenderà il 16 dicembre con l’arringa dell’avvocato Mario Caputo, difensore di Miccichè. La sentenza potrebbe essere emessa lo stesso giorno, portando a una conclusione di un caso che ha scosso la comunità locale. La Diocesi di Trapani si è costituita parte civile nel giudizio, rappresentata dall’avvocato Umberto Coppola, sottolineando l’importanza di tutelare l’integrità della Chiesa e dei suoi fondi.