Milano, 5 mar. (askanews) – La recente decisione dell’Agenzia italiana del farmaco di estendere la rimborsabilità del risdiplam, un farmaco per il trattamento dell’atrofia muscolare spinale, ai neonati al di sotto dei due mesi di vita, è – dicono medici e pazienti – una “vera e propria rivoluzione”.
“E’ la prima volta che una malattia genetica che colpisce una componente essenziale del sistema nervoso, del sistema neurologico, del sistema nervoso centrale viene curata”, afferma Giacomo Comi, professore di neurologia al Policlinico di Milano.
La comunità medico-scientifica è concorde: si tratta di un’innovazione terapeutica per chi soffre di questa grave patologia genetica neuromuscolare, conosciuta come Sma, che offre nuove prospettive terapeutiche e nuova vita ai pazienti. “E’ considerata un successo – prosegue Comi – perché la sua applicazione clinica ha portato a un cambiamento significativo delle speranze di sopravvivenza, di raggiungimento di fasi dello sviluppo che noi consideriamo normali in un bambino normale: mettersi seduto, raggiungere la stazione retta, camminare, giocare, alimentarsi, respirare, che sono stati fondamentali”.
In Italia lo screening alla nascita dei bambini è attivo in 13 regioni su 20. “Innanzitutto lo screening neonatale – spiega il professor Comi – è semplice: si tratta di un’amplificazione genica che dimostra l’assenza del gene SMN1. E’ una cosa semplice che costa pochissimo. Viene fatta soltanto in poche regioni d’Italia, perché noi abbiamo un sistema in cui l’implementazione dei vari provvedimenti sanitari è delegato alle regioni. Alcune l’hanno già fatto, altre no e altre attendono la cornice dei LEA e quindi anche dei livelli di assistenza essenziali, quindi anche un’implementazione da parte del governo centrale del corrispettivo economico per far funzionare lo screening”.
Questo nuovo percorso terapeutico – basato sull’intervento precoce – introduce un vero e proprio cambio di paradigma. Per Riccardo Masson, neuropsichiatra infantile, Fondazione Ircss, Istituto Neurologico Besta, si tratta di “un cambiamento di mentalità perché passiamo da una mentalità, diciamo così, più di cura palliativa, come era un tempo, a una mentalità molto più proattiva e di trattamento di urgenza come oggi invece la SMA”. “L’intervento precoce – aggiunge – è fondamentale per stoppare il prima possibile questa malattia e consentire un’inversione del trend che sta avvenendo nel bambino. Sicuramenta ha la sua massima espressione nello screening neonatale, dove abbiamo pazienti presintomatici, quindi blocchiamo la patologia prima dell’esordio dei sintomi, o almeno questa è l’ambizione, ma è fondamentale anche nei bambini sintomatici”.
Fondamentale è la presa in carico multidisciplinare del paziente. “E’ importante intervenire sì precocemente con la diagnosi, sì precocemente con le terapie, ma anche con una presa in carico che permette di prendersi in carico delle persone, pur piccole che siano, a 360 gradi”, osserva Valeria Sansone, professore di neurologia all’Università degli Studi di Milano. “L’inizio così precoce può permettere di non fare sviluppare i sintomi della malattia e restituire queste persone non più come malati, ma come cittadini potenziali che ritornano alla società”.