La recente sentenza della Corte europea dei diritti umani rappresenta un momento di svolta nel collegamento tra la tutela dei diritti umani e la responsabilità climatica degli Stati. In tre distinti casi, la Cedu ha esaminato se gli Stati abbiano violato i diritti dei cittadini per non aver preso le misure necessarie per affrontare i cambiamenti climatici, come stabilito nell’Accordo di Parigi del 2015.
Cedu condanna Svizzera
L’associazione di anziane donne che ha intentato causa contro la Svizzera ha ottenuto una parziale vittoria. Sebbene la Corte europea abbia escluso la violazione dell’articolo 2 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, ha condannato la Svizzera per non aver adottato sufficienti misure per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, violando così l’articolo 8 relativo al diritto al rispetto della vita privata e familiare.
Il caso dei giovani portoghesi
La Corte europea dei diritti umani ha respinto il caso presentato dai sei giovani portoghesi contro il loro Stato e ulteriori 31 Paesi europei, compresa l’Italia, riguardante la lotta al cambiamento climatico. Il ricorso mirava a spingere i governi a intraprendere azioni più incisive contro il cambiamento climatico, ma la Cedu ha dichiarato il caso inammissibile.
La decisione della Corte non può essere appellata e la questione può essere rinvita ai tribunali nazionali. Sebbene ciò rappresenti una delusione per gli attivisti, lascia aperta la possibilità di agire a livello nazionale per promuovere politiche più ambiziose sulla sostenibilità ambientale.
Questo verdetto sottolinea l’importanza di continuare a perseguire l’obiettivo di una maggiore azione contro il cambiamento climatico a livello globale e nazionale, e di coinvolgere le istituzioni giuridiche nei processi decisionali in materia ambientale.