Due edifici ideati da donne, etichettati con nomi che rimandano ad un’idea (che disturba un pochino, a dir la verità) di grandezza piuttosto che di eleganza, il Maxxi e il Macro vengono oggi lodati, invece, proprio per la loro abilità mimetica nel tessuto urbano, per il discreto impatto ambientale; caratteristiche che molti critici ritengono unifichi i due progetti al femminile.
Non sono mancate comunque le polemiche: Sgarbi, in primis, ha notato che il Maxxi è un’opera d’arte compiuta che lascia poco spazio all’accoglienza di altri artisti (che pure sono già ospitati negli spazi dell’edificio); queste dichiarazioni hanno urtato Zaha Hadid, la quale ha replicato che in realtà la quantità e la varietà degli spazi è indiscutibile e che il futuro soprintendente di Venezia non capisce molto di arte contemporanea…
Inaugurati praticamente insieme, il Macro e il Maxxi appartengono rispettivamente alle menti degli architetti Odile Decq e Zaha Hadid. Alla prima è stato commissionata l’espansione del Macro sulla struttura della ex fabbrica della Peroni; il Maxxi, invece, prosegue la missione archittettonica della Hadid in linea con i principi del decostruttivismo, nato sulla scia filosofica del decostruzionismo di Derrida. Secondo la stessa Hadid, il Maxxi non è concepito in senso volumetrico ma come edificio in cui domina la potenza delle linee.
Nel decostruttivismo è il caos, in un certo senso, il principio ordinatore, e non è un caso che percorrendo l’edificio del Maxxi si abbia la sensazione di vagare tracinati e guidati dalla stessa struttura.
In verità il modo migliore per farsi un’idea è visitare questi due monumenti che, se non altro, hanno il merito di risvegliare Roma da un lungo disinteresse verso il contemporaneo.
Per maggiori info visitate http://www.maxxi.beniculturali.it/ e http://www.macro.roma.museum/ .