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Caso Open Arms, attesa la sentenza per Salvini: cosa potrebbe accadere

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Open Arms: oggi la sentenza per Salvini sul blocco dei migranti nel 2019. Scopri le accuse, le richieste della Procura e cosa potrebbe succedere al vicepremier.

Dopo anni di indagini e oltre un anno di processo, si attende oggi la sentenza di primo grado per Matteo Salvini nel caso Open Arms. L’attuale vicepremier e ministro dei Trasporti, ex titolare del Viminale, è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver bloccato nel 2019 lo sbarco di 147 migranti soccorsi dalla nave Open Arms.

Caso Open Arms, attesa la sentenza per Salvini: cosa potrebbe accadere

La Procura di Palermo ha richiesto una condanna a sei anni di carcere, mentre le parti civili reclamano un risarcimento di un milione di euro. Salvini, presente in aula, ha ribadito che un’eventuale condanna costituirebbe un pericoloso precedente giuridico, ma non intende lasciare il governo.

I fatti risalgono all’agosto 2019, durante il governo Conte I. La nave dell’Ong spagnola Open Arms aveva soccorso migranti nel Mediterraneo, ma l’allora ministro dell’Interno vietò l’ingresso nelle acque territoriali italiane, sostenendo che dovessero dirigersi in Spagna. La situazione si protrasse fino al 20 agosto, quando la Procura di Agrigento autorizzò il sequestro della nave e l’evacuazione dei migranti.

Il processo, iniziato a ottobre 2023, ha visto Salvini difendersi sostenendo che le sue scelte fossero volte a proteggere i confini nazionali e combattere l’immigrazione illegale. La sua legale, Giulia Bongiorno, ha argomentato che l’Ong avrebbe avuto altre opzioni per lo sbarco, accusandola di non averle sfruttate.

Sentenza Salvini sul caso Open Arms: cosa può accadere secondo la legge

L’esito del processo potrebbe portare a diverse possibilità: condanna, assoluzione o prescrizione. In caso di condanna, la pena richiesta non è la massima prevista dal Codice penale, che stabilisce fino a 15 anni per il sequestro di persona. L’assoluzione potrebbe derivare dalla mancanza di prove, dall’insussistenza del fatto o dal riconoscimento che il reato non costituisca un illecito penale. La prescrizione, invece, potrebbe applicarsi solo al reato di rifiuto di atti d’ufficio, che ha un termine di sei anni, mentre per il sequestro di persona i tempi sono più lunghi.

Qualunque sia il verdetto, la vicenda resta un caso simbolo nel dibattito sull’immigrazione e sui limiti delle scelte politiche nel rispetto della legge.