Milano, 17 gen. (Adnkronos) – Nella società Alviero Martini "vi è una cultura di impresa gravemente deficitaria sotto il profilo del controllo, anche minimo, della filiera produttiva della quale la società si avvale; cultura radicata all'interno della struttura, della persona giuridica, che ha di fatto favorito la perpetuazione degli illeciti. Nel corso delle indagini, infatti, si è disvelata una prassi illecita così radicata e collaudata, da poter essere considerata inserita in una più ampia politica d'impresa diretta all'aumento del business.
Le condotte investigate non paiono frutto di iniziative estemporanee ed isolate di singoli, ma di una illecita politica di impresa". E' quanto sostiene il pm di Milano Paolo Storari che ha chiesto e ottenuto dal tribunale di Milano un decreto di amministrazione giudiziaria per l'azienda operante nel settore dell’alta moda, dalle borse alle scarpe.
Nel provvedimento con cui si nominano gli amministratori giudiziari, Marco Mistò e Ilaria Ramoni, e si fissa l'udienza per il prossimo 9 aprile per discutere della questione, il pubblico ministero sottolinea la presenza di un doppio binario: da un lato un'organizzazione che rispetta le regole, dall'altro una struttura, "informale, volta a seguire le regole dell'efficienza e del risultato. In questo modo, la costante e sistematica violazione delle regole genera la normalizzazione della devianza, in un contesto dove le irregolarità e le pratiche illecite vengono accettate ed in qualche modo promosse, in quanto considerate normali". Una 'devianza' che avviene attraverso l'affidamento dell'intera produzione a opifici cinesi, con "ambienti di lavoro fortemente degradati e condizioni lavorative sotto minimo etico" il tutto "avvalendosi di forza lavoro clandestina", riuscendo così a garantire la produzione alla metà del costo concordato. L'accusa di 'omesso controllo' ha come obiettivo "la compressione del costo del lavoro e l'eliminazione dei costi della sicurezza"
In uno dei capannoni controllati a Trezzano sul Naviglio, ad esempio, il 24 maggio scorso un lavoratore in nero è rimasto vittima di un infortunio mortale a causa di uno schiacciamento provocato dalla caduta di un macchinario di lavoro e si è provato a correre ai ripari assumendolo nella stessa mattinata del decesso. Non solo: le indagini dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Milano hanno svelato retribuzioni pari a 6,25 euro l'ora "ovvero un importo assolutamente sotto soglia rispetto al Ccnl di categoria" o la pratica vietata di lavoro a cottimo, ma anche la "totale inosservanza della normativa in materia di orario di lavoro,riposi e di quanto altro previsto dalla contrattazione collettiva". Gli opifici sono usati anche come dormitori e le indagini svelano anche la forte produzione in orario notturno "evidentemente legato all'esigenza di evitare i controlli da parte degli organi di vigilanza" che si concentrato negli orari d'ufficio.