Il sistema giudiziario statunitense si prepara a un’inedita fase di ridefinizione processuale, con i procedimenti legali contro Donald Trump che subiscono una drastica trasformazione istituzionale.
Capitol Hill, archiviazione per Trump: accolta la richiesta del procuratore
Il procuratore speciale Jack Smith ha formalmente richiesto l’archiviazione dei procedimenti federali pendenti, appellandosi a una normativa ministeriale che impedisce la persecuzione giudiziaria di un presidente in carica. La giudice Tanya Chutkan ha accolto favorevolmente tale istanza, aprendo scenari inediti nel panorama giuridico americano.
Le motivazioni sottese alla decisione risiedono in complesse valutazioni costituzionali: l’impossibilità procedurale di completare un iter giudiziario prima dell’insediamento presidenziale e il principio dell’immunità funzionale.
La mossa processuale si configura come una strategica ritirata tattica, che lascia potenzialmente aperti futuri spazi di intervento legale. Smith, consapevole dei ristretti margini operativi, ha preferito una richiesta di archiviazione “senza pregiudizio”, mantenendo teoriche possibilità di riavvio.
Trump e Capitol Hill: giudici approvano l’archiviazione delle accuse
Il team legale del nuovo Presidente degli Stati Uniti ha immediatamente interpretato l’iniziativa come una “vittoria per lo stato di diritto”, sottolineando la volontà di ricucire le fratture politiche nazionali.
Restano aperti alcuni contenziosi, primo fra tutti il processo in Georgia per presunte interferenze elettorali. Anche in questo caso, tuttavia, emergono criticità processuali che potrebbero rallentare o compromettere l’azione giudiziaria.
La Corte Suprema, con precedenti decisioni, ha già parzialmente riconosciuto l’immunità presidenziale per gli atti commessi durante l’esercizio delle funzioni, ulteriormente indebolendo le prospettive accusatorie.
Un capitolo giudiziario che si avvia a una conclusione tutt’altro che scontata.