La Corte d’Assise di Bologna ha inflitto una condanna all’ergastolo a Giampaolo Amato, ex medico della Virtus. Amato era accusato del delitto della moglie, Isabella Linsalata, ginecologa di 62 anni, assassinata tra il 30 e il 31 ottobre 2021, e della suocera Giulia Tateo, 87 anni, rinvenuta priva di vita 22 giorni prima della figlia. I crimini sono stati perpetrati con l’uso di vari farmaci. Dopo sei ore di deliberazione, la giuria ha emesso il verdetto. Amato è stato però assolto dall’accusa di peculato, poiché i pm non hanno dimostrato la validità del capo di accusa. Questo era correlato ai medicinali impiegati negli omicidi, ritenuti sottratti dall’Ausl. La Corte ha riconosciuto un risarcimento di 750mila euro alla sorella di Isabella Linsalata e 230mila euro al fratello di Giulia Tateo, Nicola. Oltre alla pena dell’ergastolo, Amato dovrà scontare un anno e sei mesi di isolamento diurno, sei mesi in più rispetto alla richiesta della Procura. Le motivazioni della sentenza saranno rese note entro 90 giorni. Amato, che all’epoca dell’inchiesta sembrava avere una vita da prima pagina, come descritto dalla figlia Anna Chiara (la sua testimonianza, insieme a quella del fratello, è stata tra le più toccanti), ha continuato a far promesse mai mantenute alla sua amante di lunga data. La sua presenza costante in aula e la sua aria di sicurezza non sono state sufficienti a convincere i giudici popolari della sua innocenza; le sue affermazioni, sia durante l’interrogatorio che nelle dichiarazioni spontanee, non hanno avuto impatto sul giudizio.
Amato, durante le sue dichiarazioni spontanee prima della sentenza, ha affermato: “In quest’aula mi hanno definito un assassino ed ho subito umiliazioni. Sono stato accusato di voler screditare Isabella, ma non avrei mai fatto una cosa simile. Mi hanno etichettato come un mostro, un menzognero seriale, un violento, e un criminale con un’autoimmagine esagerata. In realtà, sono l’esatto opposto di come mi hanno descritto e del comportamento che ho sempre mostrato nella mia vita, con tutti”. Ha aggiunto: “Chi ha detto qualcosa di positivo su di me è stato considerato inaffidabile. Tuttavia, non ho mai mentito né evitato risposte; la mia versione è sempre rimasta coerente. Ho sempre professato la verità e mi sono attenuto ad essa. La verità è unica e quella ho riportato”.
Secondo i giudici di primo grado, Amato avrebbe avvelenato sua moglie e, successivamente, sua suocera tra il 30 e il 31 ottobre 2021, con la suocera deceduta 22 giorni prima della figlia. I crimini, descritti come “quasi perfetti” da una delle parti civili, sono stati perpetrati utilizzando un mix di Sevoflurano, un anestetico, e Midazolam, una benzodiazepina. Questi farmaci sono stati rinvenuti nei corpi delle vittime. Un aspetto cruciale della vicenda è stato il contributo di Anna Maria, la sorella di Isabella Linsalata, la quale ha conservato per tre anni una bottiglia con tracce delle stesse benzodiazepine trovate nel corpo della vittima. Inoltre, le due migliori amiche della 62enne hanno raccolto le sue confidenze, quando lei iniziò a sospettare che il marito potesse somministrarle sostanze nocive, pur senza immaginare che ciò potesse condurla alla morte.
Sono emersi molti altri elementi che fanno pensare a un quadro preoccupante. Innanzitutto, l’analisi dei dispositivi elettronici appartenenti al medico ha rivelato ricerche online sui possibili effetti di due sostanze. Inoltre, il tracciamento delle attività sui telefoni cellulari suggerirebbe che Amato si fosse recato al primo piano nella notte in cui la suocera è deceduta. Secondo l’accusa, le morti sia della suocera che della moglie sono state fondamentali per permettere ad Amato di continuare la sua relazione extraconiugale, che andava avanti da anni, e di accedere ai beni della moglie. “Una vicenda tragica, coinvolgendo persone apparentemente rispettabili,” ha commentato la procuratrice aggiunta Morena Plazzi all’inizio della sua argomentazione. Ha aggiunto anche che “Amato si presenta come un individuo altruista e superiore,” ma in realtà costruisce l’immagine di un uomo egoista, desideroso di avere sia l’amore dell’amante che la stabilità finanziaria offerta dalle proprietà della moglie.