Roma, 13 mag.
(Adnkronos Salute) – Il virus dell'influenza aviaria H5N1 rilevato nelle acque reflue di 9 città del Texas (Usa) nel periodo tra il 4 marzo al 25 aprile, quando sono stati registrati i focolai di H5N1 negli allevamenti bovini e un caso umano. La popolazione interessata è di milioni di abitanti. E' quanto hanno scoperto i ricercatori del Baylor College of Medicine (Houston), in un lavoro in prepubblicazione su 'MedRxiv'. Secondo gli scienziati, "l'analisi del genoma delle sequenze riscontrate nelle acque reflue suggerisce l'origine aviaria o bovina dell'H5N1 ma non è stato possibile escludere altre potenziali fonti, in particolare l'uomo".
"La crescente presenza del virus H5N1 negli animali domestici solleva notevoli preoccupazioni sul fatto che l’adattamento virale a esseri umani immunologicamente fragili possa provocare la prossima pandemia influenzale – ricorda lo studio – L’epidemiologia basata sulle acque reflue (Wbe) è utilizzata per tracciare i virus e in passato è stata usata per la poliomielite ed è stata recentemente implementata per il monitoraggio di Sars-CoV-2 durante la pandemia di Covid".
Lo studio americano "ci dice che il virus dell'aviaria è presente nelle feci, ovviamente, ma non sappiamo se provenienti da bovini o dall'uomo.
Quello che mi fa pensare è che potrebbero essere bovini asintomatici e questo potrebbe essere peggio. Non è un buon segnale sapere che ci potrebbe essere questa possibilità", dice all'Adnkronos Salute l'epidemiologo Massimo Ciccozzi.
L’epidemiologia basata sulle acque reflue (Wbe) "è un buon indicatore", afferma l'epidemiologo precisando che "in questo caso non c'è il virus intero ma pezzi di genoma virale o batterio, quindi chi fa le analisi deve essere esperto nel ricostruire il genoma del virus e identificarlo come tale.
Va bene come tecnica epidemiologica per i virus espulsi con le feci", conclude Ciccozzi.
Per il virologo dell'università Statale di Milano Fabrizio Pregliasco, la scoperta del virus dell'influenza aviaria H5N1 nelle acque reflue di 9 città del Texas "è abbastanza preoccupante perché evidenzia un'enorme diffusione del virus. Una diffusione più ampia di quella fotografata dai contagi segnalati". Pregliasco ipotizza casi sommersi, "probabilmente anche nell'uomo".
Questo lavoro dei ricercatori "è un ulteriore segnale della necessità di una sorveglianza stringente", sottolinea il virologo.
E la conferma, aggiunge, della "grande potenzialità" che l'analisi delle acque reflue ha "per valutare la diffusione di virus" come l'H5N1, nonché "di sostanze chimiche come farmaci o droghe".