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Nonostante non avesse mai desiderato essere un eroe, Shaban Ahmad era un giovane di grande passione e determinazione.
Angelo Cruciani, artista e attivista per i diritti umani, ricorda con tristezza il ragazzo di 19 anni che ha perso la vita in un incendio scoppiato nell’accampamento di Deir al-Balah, vittima del bombardamento israeliano sull’ospedale Al-Aqsa Martyrs.
Il video degli istanti finali di Shaban
Il toccante video degli istanti finali di Shaban, circondato dal fuoco, è diventato un emblema della tragedia vissuta dai palestinesi. Cruciani racconta di come Shaban lo avesse contattato tramite Instagram, sapendo della sua battaglia per i diritti umani in Italia, e avendogli chiesto aiuto per sensibilizzare il mondo sulla situazione a Gaza e per una raccolta fondi.
La tragica morte di Shaban
Solo pochi giorni prima della sua tragica morte, Shaban lo aveva informato di essere miracolosamente scampato a un attacco a una moschea, dove erano morte venti persone. Da tempo, il ragazzo si candidava di raccogliere i fondi necessari per portare la sua famiglia in Egitto in cerca di salvezza. Cruciani e altri amici si erano mobilitati per supportarlo, contribuendo alla campagna su Gofundme per la sua famiglia: il 44enne padre Ahmed, la madre Alaa di 38 anni, le sorelle Farah e Rafah, rispettivamente di 18 e 13 anni, e i fratelli Mohammed e Abdelrahman di 16 e 10 anni.
“La mia vita è stata alterata… Una volta piena di speranze, ora mi trovo a fronteggiare la dura verità dell’esilio e dell’incertezza. A Gaza, i sogni svaniscono – osservava Shaban – ogni spostamento lascia dietro di sé un ulteriore frammento delle nostre anime in pezzi. Le notti, in particolare, sono implacabili, riempite dalle grida incessanti dei bambini che conoscono solo paura e instabilità. Avevo ambizioni grandi, ma la guerra le ha annientate.
Vivo in uno stato di depressione e perdo i capelli a causa del trauma che affrontiamo ogni singolo giorno. Sembra che il tempo sia congelato a Gaza e che siamo bloccati in un incubo interminabile.”
La memoria di Shaban
Oggi, anche i giovani palestinesi in Italia ricordano Shaban, che all’inizio dell’anno aveva condiviso un video sul suo profilo, in cui raccontava la sua vita da studente di ingegneria del software anche nella tenda in cui viveva da sfollato.
“Era proprio lui – scrivono i giovani palestinesi – a costruire la struttura in cui risiedeva la sua famiglia e dove lui e alcuni dei suoi familiari sono stati consumati dalle fiamme”. “Non dimenticheremo e non perdoneremo mai, onore – concludono i giovani palestinesi – ai nostri martiri”.