> > Attentato incendiario contro la sede del gruppo ultrà 'Quadraro'

Attentato incendiario contro la sede del gruppo ultrà 'Quadraro'

Sede del gruppo ultrà Quadraro dopo l'attentato incendiario

Un attacco mirato che riaccende i riflettori sulla criminalità organizzata nel tifo calcistico

Un attacco che fa rumore

Nella notte scorsa, un attentato incendiario ha colpito la sede del gruppo ultrà ‘Quadraro’, storica tifoseria della Roma. L’episodio è avvenuto in via Cartagine, una zona che si trova tra i quartieri Quadraro e Tuscolano. Secondo le prime ricostruzioni, una bottiglia molotov è stata lanciata contro le saracinesche del locale, provocando un incendio che ha destato preoccupazione tra i residenti della zona.

Fortunatamente, l’intervento tempestivo dei vigili del fuoco ha evitato che le fiamme si propagassero ulteriormente, ma l’episodio ha sollevato interrogativi sulla sicurezza e sulla criminalità legata al tifo calcistico.

Un contesto inquietante

La sede del gruppo ‘Quadraro’ non è nuova a situazioni di tensione. Attualmente, è al centro di un’indagine condotta dall’antimafia romana, che sta esaminando presunti legami con attività di spaccio di droga nella Curva Sud dello stadio Olimpico. Questo attentato non è solo un atto vandalico, ma si inserisce in un contesto più ampio di lotta tra gruppi rivali e di infiltrazioni mafiose nel mondo del calcio. La presenza di organizzazioni criminali all’interno delle tifoserie è un fenomeno che preoccupa le autorità, poiché mette a rischio la sicurezza pubblica e la serenità degli eventi sportivi.

Silenzio e assenza di testimoni

Nonostante l’episodio sia avvenuto in una zona abitata, al momento non ci sono testimoni oculari che possano fornire informazioni utili per le indagini. Inoltre, le telecamere di sicurezza della zona non hanno registrato immagini significative, complicando ulteriormente il lavoro delle forze dell’ordine. Questo silenzio attorno all’accaduto è emblematico di una cultura del timore che spesso circonda gli atti di violenza legati al tifo. La paura di ritorsioni può spingere i cittadini a non parlare, lasciando così spazio all’impunità per chi commette tali atti.