A quarant’anni esatti dal tragico epilogo della torbida vicenda che coinvolse i coniugi Anna e Camillo Casati Stampa e il giovane amante di lei Massimo Minorenti, ripercorriamo le tappe salienti della breve vita di questa donna bella e fatua, che fu capace di accettare l’inaccettabile pur di conservare quell’ agiatezza e quella posizione sociale che aveva sognato e inseguito con ogni mezzo fin da bambina.
Nata nel 1929 in una famiglia poverissima di Benevento, Anna, che di cognome faceva Fallarino, trascorse l’infanzia avendo sempre in testa il pensiero fisso di riscattarsi dall’ umile condizione sociale toccatale in sorte, che detestava con tutte le proprie forze e che era determinata a cambiare in qualsiasi modo.
Dalla sua, la giovane poteva contare solo un corpo sinuoso e morbido che, ne era convinta, si sarebbe rivelato il suo lasciapassare per il Cinema; nel 1945, a 16 anni, per tentare la fortuna a Cinecittà, abbandonò la Campania per Roma.
Ma le cose non sono mai facili, soprattutto quando non si ha alcun talento o virtù particolare, e la sfolgorante carriera di Anna si aprì e si chiuse definitivamente con una breve comparsata nel film comico Totò Tarzan.
Delusa e insoddisfatta, la ragazza fu costretta ripiegare su un lavoro meno luccicante ma più sicuro, divenendo commessa in un piccolo negozietto della capitale.
Finché non venne notata da Giuseppe Drommi, un ricco ingegnere che la sposò e la introdusse negli ambienti raffinati e mondani della Roma bene, gli stessi che la donna aveva fino ad allora solo potuto sognare o guardare da molto lontano.
In quella girandola di cene, ricevimenti e feste sontuose, Anna conobbe una sera il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, viziato e ricchissimo rampollo di una delle più blasonate famiglie nobiliari italiane, con un patrimonio stimato all’epoca in oltre 400 miliardi di lire.
Una preda terribilmente ambita e troppo facile per lasciarsela sfuggire.
La signora Fallarino in Drommi cominciò l’astuto piano di seduzione stringendo amicizia con la moglie del marchese, l’ex ballerina Letizia Izzo, in arte Lidia Holt, e infine, come nel più classico dei copioni, diventò l’amante di Camillino, nomignolo con cui Casati Stampa era affettuosamente o ironicamente noto nella ristretta cerchia degli intimi.
Deciso ad averla tutta per sé, il nobile pagò circa un miliardo di vecchie lire al Tribunale della Sacra Rota per ottenere l’annullamento del precedente matrimonio, e nel 1959, finalmente, convolò a nozze con Anna.
E qui inizia il bello, ovvero l’inusuale e sconcertante menage della coppia.
Mentre la neo sposa si trovava sotto la doccia nel bagno della camera d’albergo in cui avrebbe dovuto trascorrere la prima notte con il marito, quest’ultimo le presentò un bel ragazzo nudo affinché gli si concedesse davanti ai suoi occhi, proprio lì, in quel preciso istante.
Anna acconsentì, e il marchese, soddisfatto della performance, liquidò il giovane, un cameriere, con una lauta mancia.
Era solo l’inizio.
Casati Stampa pagava abitualmente inservienti, imbianchini, operai, militari, semplici passanti per coinvolgerli in giochi erotici e festini a luci rosse con la moglie, il tutto sotto la sua eccitata supervisione di voyeur d’eccezione ed esperto fotografo, visto che sono state trovate oltre 1500 istantanee che ritraggono la Fallarino in pose sguaiate e volgari, da sola o con sconosciuti.
Intanto, il marchese annotava impressioni, desideri e particolari in un diario foderato con un’elegante stoffa verde, in cui è possibile leggere appunti di questo tenore: Oggi Anna mi ha fatto impazzire di piacere. Ha fatto l’amore con un soldatino in modo così efficace che da lontano anche io ho partecipato alla sua gioia. Mi è costato trentamilalire, ma ne è valsa la pena”.
E avanti così per decine e decine di pagine.
Il torbido andamento familiare dei coniugi andò avanti senza intoppi per anni, fino al giorno in cui la quarantenne Anna conobbe Massimo Minorenti, un venticinquenne famoso per aver intrattenuto rapporti di natura amorosa e sessuale con signore più grandi fin da giovanissimo; inaspettatamente per entrambi però, si innamorarono.
Ovvero la sola ed unica sfida che il marchese non avrebbe mai potuto accettare; la moglie era libera di consumare amplessi con chiunque, purché fossero meri e fugaci incontri sessuali, senza la minima ombra di coinvolgimento sentimentale, ma le era tassativamente vietato l’amore, roba “per piccole menti borghesi” come era solito affermare e ripetere spesso.
Per la prima volta il marchese era stato tradito col cuore, affronto insopportabile, tanto da fargli decidere il suicidio.
Ma non prima di un ultimo incontro.
La sera del 30 Agosto 1970, non appena Casati Stampa vide entrare la moglie più sexy e provocante che mai in compagnia dell’aitante giovanotto, accecato dalla rabbia e dalla gelosia, le scaricò addosso tre colpi dal suo Browing calibro 12 uccidendola, mentre Minorenti, che aveva cercato riparo dietro un mobile, fu freddato da un solo colpo alla testa; infine, il marchese rivolse l’arma contro di sé e fece fuoco.
I protagonisti di uno dei triangoli più celebri e discussi d’Italia scomparvero così, troppo presto e tragicamente, travolti dalle inattese conseguenze di un gioco perverso che loro stessi avevano voluto, iniziato e troppo pericolosamente alimentato.