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Ambra, la storia della maestra che vuole andare a lavorare in fabbrica: "Guadagnerei di più"

maestra fabbrica

La maestra Ambra, in un'intervista a La Repubblica, dichiara che forse sarebbe meglio lavorare in fabbrica: ecco i motivi

La maestra Ambra Gamboni, 45 anni, insegna in una scuola elementare della periferia torinese. A La Repubblica racconta la sua difficile quotidianità a causa di uno stipendio inadeguato. Ecco la storia di questa donna che preferirebbe lavorare in fabbrica per un maggiore guadagno.

Il racconto della maestra Ambra

Gli stipendi degli insegnanti italiani sembrano essere tra i più bassi in tutta Europa. A parlare è Ambra, maestra in una scuola primaria nel quartiere Mirafiori di Torino. La donna dopo anni nel settore pubblico si chiede se sia il momento di cambiare strada, a causa delle grandi difficoltà economiche:

“Forse sarebbe meglio andare a lavorare in fabbrica. È faticoso, ma con i turni si può guadagnare di più“.

Ambra Gamboni guadagna circa 1.500 euro al mese, ma sostiene spese ingenti, come un mutuo di 679 euro, spese condominiali elevate e nessun aiuto economico dall’ex marito e padre di sua figlia, perché maggiorenne e studentessa universitaria.

Le difficoltà economiche della maestra Ambra

Ambra è costretta a fare altri lavori per arrotondare, sacrificando il suo tempo libero e le vacanze:

“Le mie ferie sono state la potatura degli alberi del condominio”, ha raccontato.

Inoltre, in aggiunta al lavoro di insegnante è anche educatrice territoriale. Gli è stato affidato un ragazzo che ha bisogno di sostegno per cui riceve un rimborso di 200 euro.

I problemi di un docente

La maestra denuncia anche la mancanza di rispetto da parte di alcuni genitori e la perdita di prestigio sociale della figura dell’insegnante. Nonostante ciò, la donna continua a svolgere il suo lavoro con passione per i bambini. Tuttavia, durante l’intervista lancia un appello alla politica:

“È giusto aumentare gli stipendi per portarli al livello del resto d’Europa. Sarebbe anche un modo per riconoscere finalmente la nostra responsabilità dal punto di vista educativo”.