Roma, 23 mag.
(Adnkronos Salute) – Gli italiani abusano di creme antibiotiche. Secondo l’ultimo rapporto dell’Aifa, il consumo dei primi 10 antibiotici non sistemici per uso dermatologico è pari a oltre 278 milioni di dosi annue, di cui oltre 168 milioni riguardano la gentamicina, anche associata al cortisone, tra le creme antibiotiche più utilizzate anche per il fai-da-te. A mettere in guardia sui rischi dell’uso abnorme di creme antibiotiche è un pool di dermatologi esperti, che hanno lavorato al primo documento di indirizzo sul corretto impiego degli antibiotici per ridurre la probabilità di insorgenza dell’antibiotico-resistenza in dermatologia.
Al centro delle raccomandazioni degli esperti il ricorso agli antisettici, al posto degli antibiotici locali, cioè sostanze in grado di contrastare i microrganismi presenti sulla superficie cutanea e di arrestarne la moltiplicazione attraverso una azione ad ampio spettro.
"Il ricorso massiccio e improprio alla terapia antibiotica locale anche per le infezioni cutanee superficiali, che interessano ogni anno milioni di italiani, è infatti, non soltanto inefficace, perché ferite e ustioni lievi sono contaminate da una molteplicità di microrganismi refrattari all’azione specifica dell’antibiotico, ma ha anche ridotto di un terzo la sensibilità agli antibiotici comuni più utilizzati come, ad esempio, la gentamicina – spiega Giuseppe Argenziano, presidente Sidemast e direttore della Clinica dermatologica dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli – Recenti studi, su ceppi di Staphylococcus aureus, il batterio coinvolto nel circa 40% dei casi di infezione batterica cutanea, hanno mostrato un tasso crescente di resistenza agli antibiotici topici più utilizzati".
In particolare, prosegue, "la gentamicina, comunemente utilizzata nel trattamento delle infezioni cutanee superficiali, è risultata correlata a una importante emergenza di resistenze batteriche. Una valutazione di dati provenienti dall’Antimicrobical Resistance Surveillance Network, raccolti da 105 ospedali, in cui sono stati analizzati oltre 148mila campioni isolati di Staphylococcus aureus in pazienti con infezioni cutanee, ha riscontrato una elevata resistenza batterica alla gentamicina, con una sensibilità al farmaco solo in 98 ceppi su 299”.
“L’aumento dell’antibiotico-resistenza topica nelle infezioni cutanee è il prezzo che si paga per le troppe prescrizioni delle creme antibiotiche da parte degli specialisti, anche per infezioni superficiali”, avverte Giuseppe Micali, direttore della Clinica dermatologica dell’Università di Catania, tra gli esperti del documento di indirizzo e autore di uno studio condotto su 1.500 specialisti.
Dermatologi, chirurghi plastici e medici estetici sono stati invitati a rispondere a un questionario che ha raccolto dati a livello nazionale per analizzare il trattamento topico scelto per prevenire infezioni di piccole ferite chirurgiche conseguenti a laserterapia, peeling superficiali, biopsie o crioterapia.
Dalle risposte raccolte è emerso che circa 7 specialisti su 10 usano di routine antibiotici topici e solo il 20% prescrive trattamenti idratanti e riepitelizzanti. “Il motivo di questa scelta dipende dall’errata convinzione che tale condotta terapeutica possa essere utile a prevenire le infezioni superficiali – afferma l’esperto -. L’indagine condotta sul campo ha dunque confermato il malcostume di buona parte delle categorie prese in esame a prescrivere antibiotici topici per la medicazione delle piccole ferite chirurgiche.
Tutto questo in difformità con le attuali linee guida internazionali e nazionali che prevedono l’utilizzo esclusivo, sia in fase preoperatoria che nel post operatorio, di agenti antisettici che non influiscano sulla refrattarietà dei microrganismi batterici, limitando il ricorso all’antibioticoterapia topica solamente a specifiche condizioni”.
“In accordo con le evidenze scientifiche più recenti, per prevenire le infezioni di piccole ferite da trauma e post-chirurgiche, ustioni lievi e lesioni ulcerative, senza alimentare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, il documento di indirizzo sottolinea la necessità di ricorrere all’utilizzo esclusivo di antisettici, sotto forma di creme, garze o cerotti – spiega Maria Rita Nasca, tra i coautori del documento e dermatologa della Clinica dermatologica dell’Università di Catania – Il ricorso all’antibiotico topico, oggi, deve invece essere limitato a specifiche circostanze, come, ad esempio, l’insorgenza di segni evidenti di infezione locale o sistemica, quali stati febbrili, o in presenza di pazienti immunodepressi o con diabete".
"Abbiamo a disposizione diversi antisettici efficaci e ad ampio spettro che agiscono velocemente a basse concentrazioni, come la clorexidina, ma primo fra tutti l’estratto del grano con poliesanide che, oltre a essere particolarmente in grado di ridurre il rischio di infezioni senza esporre al pericolo di resistenza batterica, hanno dimostrato una elevata efficacia nel promuovere la riparazione delle ferite”, aggiunge Pietro Rubegni, professore ordinario di Dermatologia e direttore del Dipartimento di dermatologia dell'Università degli Studi di Siena, tra i coautori dell’expert opinion.
"Per l’Italia serve, dunque, una maggiore sensibilizzazione per evitare l’uso indiscriminato degli antibiotici in ambito dermatologico, che ne incoraggi un impiego limitato. Deve cambiare il nostro approccio alla pratica clinica, con un ricorso sempre più frequente a sostanze antisettiche al posto degli antibiotici. In caso contrario ci troveremo di fronte a una emergenza nella cura delle infezioni cutanee", conclude Argenziano.