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Alizzi (Osservatorio Enpam-Eurispes): "Serve cambio paradigma nel modo di vivere la salute"

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Roma, 16 dic. (Adnkronos Salute) - "Il cambio di paradigma nel modo di vivere la salute si rende necessario per diverse ragioni. In primo luogo non si deve pensare alla salute solo quando questa viene meno. Noi ci prendevamo cura della nostra salute nel momento in cui insorgeva un'emergenz...

Roma, 16 dic. (Adnkronos Salute) – "Il cambio di paradigma nel modo di vivere la salute si rende necessario per diverse ragioni. In primo luogo non si deve pensare alla salute solo quando questa viene meno. Noi ci prendevamo cura della nostra salute nel momento in cui insorgeva un'emergenza o compariva un sintomo che poteva causare un problema. Questo comporta una spesa per il Servizio sanitario nazionale o per il nostro portafoglio e, stando così le cose, il sistema non può reggere. Questo cambio di paradigma, dunque, è necessario perché da un lato ci fa vivere meglio e più a lungo in buona salute, dall'altro permette al sistema che eroga i servizi di continuare a garantirli in futuro". Sono le parole di Antonio Alizzi, coordinatore del Rapporto dell'Osservatorio Salute, Legalità e Previdenza di Fondazione Enpam ed Eurispes, avviato da Enpam ed Eurispes nel 2017 e giunto alla sua terza edizione, parlando della necessità di un cambio di paradigma nello stile di vita dei cittadini rispetto alla salute in un’ottica di maggior attenzione alla prevenzione.

"Al centro di questo rapporto – spiega Alizzi – ci sono le persone, sia quelle bisognose di servizi e quindi i pazienti, sia i protagonisti del mondo della cura, che trasmettono i valori per stare in salute. Riguardo i pazienti si evidenzia un andamento demografico che vede una popolazione sempre più anziana e più bisognosa di servizi. Riguardo invece a chi eroga salute, dal Governo con le risorse che mette a disposizione, agli operatori sul campo come medici, infermieri, tecnici e amministrativi, emerge la capacità di rispondere ad un pubblico diverso. A sua volta, il panorama dei professionisti della salute è molto diverso: oggi tre generazioni diverse, i Baby Boomers, i Millennials e la Generazione X, lavorano sul versante dei professionisti. Sono persone diverse, con esigenze diverse e aspettative diverse rispetto alla conciliazione di vita personale e vita lavorativa".

Da questo rapporto emerge che "sul versante dei professionisti della salute la motivazione potrebbe essere migliore. Una motivazione che passa per diverse leve non usate adeguatamente, come quella economica. C'è infatti un divario salariale di circa il 20% rispetto alla media Ocse, che riguarda sia i medici che gli infermieri. Ciò significa che tra le ragioni della grande fuga verso il privato o verso l'estero questa è una leva che va azionata – sottolinea Alizzi – Il rapporto propone anche delle idee: si è lavorato sul rientro dei cervelli dall'estero e si potrebbe inoltre utilizzare la leva fiscale su coloro che lavorano per il Servizio sanitario nazionale. In questo modo i salari sarebbero immediatamente più elevati, ma non ci sarebbe una spesa più elevata, in quanto sappiamo anche che il momento pensionistico per queste persone arriverà più avanti”.

Inoltre, aggiunge il coordinatore del report, "è necessario assumere a tempo indeterminato. Il rapporto mostra, infatti, che si è fatto ricorso a strumenti di impiego a tempo determinato, che negli ultimi 4 anni sono cresciuti del 45%. Ciò significa che se i posti di lavoro, oltre ad essere non remunerati abbastanza, sono anche precari, non sono stimolanti. Oltretutto, c'è un'età media elevata nel personale che lavora per la salute, pari ad oltre 60 anni per i medici e circa 50 anni per gli infermieri. Ciò impatta sul bisogno di formazione e impatta anche sulla qualità della cura. C'è poi la missione 6 del Pnrr, sappiamo che si sta lavorando su nuove strutture di cura, come gli ospedali di prossimità e le case di comunità, e questo richiede un cambiamento di paradigma culturale su cui bisogna lavorare".

Infine "c'è il tema delle aggressioni: le persone si aspettano servizi di un certo tipo per la salute e quando non li hanno si arrabbiano. La soluzione può essere rendere più dure le sanzioni, tuttavia questo non crea una base culturale in cui si crei nuovamente un rapporto sano tra pazienti e operatori sanitari. Pertanto – conclude Alizzi – è necessario lavorare anche su questo".