Alessia Pifferi, stop allo sciopero della fame: i dubbi

Alessia Pifferi ha ricominciato a nutrirsi il 23 maggio, ma ad oggi ci si chiede se sia stato un vero e proprio sciopero della fame

Alessia Pifferi è stata condannata all’ergastolo per l’omicidio volontario pluriaggravato della figlia Diana, abbandonata in un appartamento di Ponte Lambro a Milano per quasi una settimana.

Alessia Pifferi sospende lo sciopero della fame

Nel luglio 2022 la 38enne ha lasciato morire di stenti la bambina di appena 18 mesi. Il 20 maggio 2024 la donna avrebbe iniziato un presunto sciopero della fame, a seguito della condanna emessa dalla Corte di Assise di Milano il 13 maggio. Il digiuno è stato tuttavia interrotto tre giorni dopo “per incompatibilità dell’attività fisica“, come si legge nella documentazione di San Vittore.

La Pifferi avrebbe, infatti, avanzato la richiesta di poter utilizzare la palestra del penitenziario, ottenendo il permesso il 15 maggio.

I dubbi sul digiuno

Durante la trasmissione “Quarto Grado” è la stessa legale della donna ad esmprimere i propri dubbi sul digiuno forzato. “In realtà sciopero della fame è stato definito dall’interno del carcere. Io lo sapevo ma non ho detto niente. Io credo che lei abbia avuto un grave episodio depressivo e quindi non abbia più avuto voglia di nutrirsi” ha commentato Alessia Pontenani.

Sulla vicenda è intervenuta anche una delle psicologhe che la segue all’interno dell’istituto di pena, Alessandra Bramante: “Credo che Alessia non sia in grado di pensare ad uno sciopero della fame, ma che si trovi in una situazione depressiva e reattiva di fronte a un processo per lei pesante sotto tutti i punti di vista. Ha capito di essere sola al mondo e che quella bambina era forse l’unica persona che avrebbe potuto starle vicino“.

I rapporti con la famiglia

Durante il processo la sorella di Alessia, Viviana Pifferi, ha inviato al pm Saverio De Tommasi una foto di Diana, seguita dalla frase “Grazie per avermi accompagnata per mano”. La 38enne non ha mai nascosto l’astio verso la famiglia, arrivando ad accusare sia la sorella che la madre, Maria Assandri, per quanto accaduto. Proprio per questo motivo è stata condannata anche a risarcirle entrambe, rispettivamente con 20mila e 50mila euro.