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Alessia Pifferi, detenuta presso il carcere di San Vittore a Milano, ha terminato lo sciopero della fame.
Alessia Pifferi interrompe lo sciopero della fame in carcere
La 38enne era stata condannata all’ergastolo per l’omicidio volontario pluriaggravato della figlia Diana, morta di stenti dopo essere stata abbandonata per sei giorni nel luglio 2022. Dopo aver iniziato un digiuno forzato, il 23 maggio ha ripreso a nutrirsi. Secondo le relazioni interne riportate dalla trasmissione “Quarto Grado”, la Pifferi avrebbe richiesto un’ora di palestra al giorno e pertanto avrebbe deciso di alimentarsi di nuovo per poter fare attività fisica. Una recente valutazione psicologica non avrebbe inoltre rilevato in lei né uno stato “anti conservativo” né segni di “pentimento” per quanto accaduto alla bambina.
La condanna all’ergastolo
La Corte di Assise di Milano ha condannato Alessia Pifferi all’ergastolo per aver lasciato morire la figlia di appena 18 mesi, lasciandola sola in casa per quasi una settimana. I giudici hanno escluso l’aggravante della premeditazione, pur riconoscendo le aggravanti dei futili motivi e del vincolo familiare. Oltre alla pena detentiva, la donna è stata condannata a risarcire 20mila euro alla sorella Viviana Pifferi e 50mila euro alla madre Maria Assandri.
“Situazione depressiva e reattiva”
Una volta scontata la pena, la 38enne sarà sottoposta ad un regime di libertà vigilata per tre anni. “Credo che Alessia non sia in grado di pensare ad uno sciopero della fame, ma che si trovi in una situazione depressiva e reattiva di fronte a un processo per lei pesante sotto tutti i punti di vista” ha dichiarato Alessandra Bramante, una delle psicologhe che segue la donna all’interno dell’istituto di pena. “Con questo processo lei ha capito di essere sola al mondo e che quella bambina era forse l’unica persona che avrebbe potuto starle vicino“.