Milano, 28 ott. (askanews) – Provare per un giorno a mettersi nei panni di una persona con il diabete, tenendo monitorata continuamente la glicemia, per imparare quanto questa malattia impatti su tutti gli ambiti della vita di chi ne soffre, dal lavoro alla scuola, dall’università allo sport. È l’obiettivo del progetto “Empatia, un giorno con il diabete”, realizzato da Diabete Italia e Personalive con il contributo di Roche, ideato per favorire l’integrazione dei diabetici ed evidenziarne i bisogni, le criticità e i disagi pratici ed emotivi che possono emergere nella loro esperienza quotidiana.
“Una persona che ha il diabete – ha detto il vicepresidente di Diabete Italia, Marcello Grussu – deve stare all’interno di alcuni consigli terapeutici che non valgono però in maniera uguale per tutti quindi è necessario creare una forma di alleanza col proprio medico curante. Per crearla è necessario che il curante abbia ben chiare le caratteristiche di chi ha davanti, quindi ascoltare le persone che hanno una patologia cronica, andare a stimarne esattamente i bisogni, significa trovare la terapia esatta per quella persona. Empatia significa poter mettersi nei panni degli altri, cercare di percepirne emozioni, sentimenti, stati d’animo, bisogni, ma questo lo posso fare soltanto se conosco”
Un appello rivolto soprattutto agli operatori e alle istituzioni sanitarie per far loro comprendere l’importanza di rispondere non solo ai bisogni di accesso e cura, ma anche a necessità più ampie e profonde.
“Il cuore – ha evidenziato Antonio Rossi, dirigente Medico UO Malattie Endocrine e Diabetologia ASST Fatebenefratelli Sacco, Milano – è sicuramente è uno dei bersagli nel diabete, in particolare quando non è compensato per molto tempo, il disagio psicologico spesso accompagna i nostri pazienti sia per il peso della malattia in sé, ma tanto anche per le difficoltà che possono incontrare nella gestione della cura. Quando si fa insulina soprattutto la cura del diabete è molto impegnativa e questo sottopone le persone a uno stress elevato”.
Per fortuna oggi la tecnologia può essere di grande aiuto, ma i sensori non sono tutti uguali e i promotori del progetto sottolineano l’importanza di far scegliere dal medico curante l’apparecchio più adatto alle esigenze cliniche, ma anche a quelle di vita del paziente e alle sue preferenze personali.