> > Achille Costacurta: "Mi hanno rinchiuso in un istituto penitenziario"

Achille Costacurta: "Mi hanno rinchiuso in un istituto penitenziario"

1216x832 08 06 30 43 391014055

Nel corso dell'estate, Achille Costacurta è stato al centro di una grande controversia a causa di ciò che ha postato sui social network, compresi alcuni commenti rivolti alla sua madre. Tuttavia, oggi il 19enne ha deciso di essere totalmente sincero con i suoi seguaci. In un live su TikTok, Costac...

Nel corso dell’estate, Achille Costacurta è stato al centro di una grande controversia a causa di ciò che ha postato sui social network, compresi alcuni commenti rivolti alla sua madre. Tuttavia, oggi il 19enne ha deciso di essere totalmente sincero con i suoi seguaci. In un live su TikTok, Costacurta ha affermato di aver sempre lavorato e che progetta di ritornare a scuola presto. Inoltre, il figlio di Martina Colombari ha rivelato di aver trascorso un anno e mezzo in un centro penitenziario a Parma e ha condiviso alcune storie di quella fase della sua vita.

Nel parler del suo passato nel centro penale, Costacurta ha affermato: “Sì, ho commesso errori, come chiunque altro, ma sono una buona persona. Ho fatto molti lavori nella mia vita, ho lavorato in un bar, ho lavorato in un ufficio. Ma adesso mi sono preso una pausa per riflettere. Ho un’udienza il 3, dopo la quale mi iscriverò nuovamente al liceo. Parteciperò all’esame senza dover frequentare la scuola. Ho vissuto per un anno e sette mesi in un centro penale a Parma. Eravamo ragazzi di varie età, stavamo in stanze da 4 e siamo eravamo circa 30. Da quel centro ricevevano 160 euro a testa ma a noi davan solo un cucchiaino di parmigiano a pranzo e a cena. Il ketchup e la maionese erano disponibili solo il sabato e la domenica, mentre le bibite solo nei giorni festivi. Hanno usato pomodoro per fare la pasta … poiché ho lavorato in cucina e nell’orto. Ma poi una notte ho usato il trattore e mi hanno tolto questa possibilità. Tuttavia, si impara dai propri errori, e per fortuna l’ho capito ora, meglio ora che a 50 anni.”

Adesso è una giornata di sabato e mi trovo in condizioni di dover contattare il mio legale. Ho pensato di discutere sulla comunità nel mio prossimo libro, vista la mia esperienza vissuta lì tra memorie dolorose che ho preferito dimenticare. Ma la realtà in comunità non si equipara assolutamente alla vita carceraria. Lì, eravamo sottoposti a degli educatori e la mia libertà era totalmente limitata. Ho trascorso lì due anni della mia adolescenza, dal quindicesimo al diciassettesimo anno di vita. Il risveglio era previsto alle 7:30 e se non venivi riscontrato alla colazione entro un quarto d’ora, perdevi il diritto a una delle dieci sigarette che ti venivano concesse al giorno. Se l’ordine non veniva rispettato da tutti i presenti, nessuno riceveva il pasto. Creava così un clima di rancore per chi non seguiva le regole. Erano situazioni davvero folli. Il tutto era monitorato dalla chiesa. Nonostante l’esperienza amara, mi ha comunque insegnato qualcosa, sebbene la mia mente a volte mi giochi brutti scherzi e mi porti a commettere gli stessi errori.