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Aborto volontario, la denuncia di Linda: "Ecografie errate per evitare interruzione di gravidanza"

Donna sola

Linda Farak, alias LNDFK, racconta le sfide dell'aborto volontario a Napoli, evidenziando gli ostacoli attraversati come denuncia sul suo profilo Instagram

LNDFK, pseudonimo dell’artista e compositrice Linda Farak, ha condiviso su Instagram la sua dolorosa esperienza di interruzione volontaria di gravidanza, avvenuta tre mesi fa.

Aborto volontario, Napoli: l’artista denuncia “Ecografie errate per non farmi fare interruzione”

Linda, cresciuta a Napoli da madre italiana e padre tunisino, ha denunciato le difficoltà incontrate, sottolineando come molte donne siano costrette a spostarsi fuori regione per accedere a questo servizio legittimo.

Linda ha iniziato la procedura presso l’ospedale San Paolo, dove il ginecologo, sottolinea l’artista, invece di concentrarsi sulla sua salute, le ha fatto domande personali sul suo partner e sul suo lavoro. Non è stata verificata la sua identità né la sua età, come riporta lei sul suo profilo instagram, continua dicendo che il medico ha manipolato i dati dell’ecografia, aggiungendo settimane alla gestazione e insinuando che Linda volesse tenere il bambino. Sospettando un errore, Linda ha consultato un ginecologo privato, il quale ha confermato che i parametri dell’ospedale erano stati falsificati per far sembrare il feto più grande.

Aborto volontario a Napoli, scatta la denuncia: “Ecografie false per non interrompere la gravidanza”

Dopo questa esperienza, Linda si è rivolta all’ospedale Cardarelli, dove ha scoperto che le interruzioni di gravidanza venivano effettuate solo un giorno alla settimana a causa della presenza di obiettori di coscienza. A causa dei lunghi tempi d’attesa, non ha potuto assumere la pillola abortiva ed è stata costretta a sottoporsi a un intervento in anestesia totale.

La sua esperienza è stata così traumatica che Linda ha dichiarato di dubitare di voler ripetere una procedura simile in futuro, poiché il personale sanitario sembra rendere deliberatamente difficile l’accesso a quello che dovrebbe essere un diritto di autodeterminazione.